Nel mese di marzo sono uscite le immagini in anteprima della campagna Urban Decay per il lancio della nuova capsule collection, disponibile dal 20 aprile, dedicata all’artista afro-americano Jean-Michel Basquiat. Dalle confezioni ai nomi di ciascun colore la scelta è avvenuta in collaborazione con l’agenzia creativa Artestar che detiene i diritti d’autore delle opere di Basquiat. La collezione si lancia alla conquista di un pubblico che non frequenta i musei, ma anche di chi considera il make up una forma d’arte.
Make up Urban Decay: pezzi d’artista
La collezione make up di Urban Decay si compone di 12 pezzi in totale: 2 palette di ombretti, blush in 4 colorazioni, 3 rossetti, matite per gli occhi confezionate come pastelli da disegno e infine una pochette. I colori degli ombretti vanno dall’azzurro al rosa, dal giallo fluo al verde acido in linea con le scelte controverse di Basquiat che per le sue opere mescolava colori in modo del tutto personale e originale, accompagnandoli a soggetti di colore di cui lamentava l’assenza nella gran parte dei quadri. Ogni sfumatura dei colori presenti nella collezione si ispira alla New York degli anni ’80 e al mondo dell’artista: la matita Post Punk, il rossetto Abstract o gli ombretti Graffiti, Untitled e Not For Sale.
Le controversie sulla testimonial fan di Basquiat
Urban Decay ha scelto come testimonial della collezione make up dedicata a Basquiat l’attrice Ruby Rose. Una modella bellissima, ma non di colore come forse avrebbe voluto l’artista, o magari no. Sono stati in molti a criticare questa scelta che sembra andare in controtendenza con la proposta di rompere gli schemi, lottare contro le ingiustizie e dare spazio a soggetti artistici “diversi“. Ruby Rose in realtà è stata scelta prima che il progetto prendesse forma, ma il caso vuole che sia una grandissima fan dell’artista e al momento della proposta si è mostrata più che entusiasta di prestarsi per la promozione della collezione. Bianco o nero, la controversia l’aveva già risolta Basquiat quando rispondendo a chi lo definiva “un’artista nero” lui diceva: “Sono un’artista“.